domenica 1 novembre 2009

Lezione 18/10/09 - Deleuze 'La logica del senso'

Per Deleuze la filosofia è la creazione dei concetti. Non si tratta quindi di un'elaborazione metafisica che renda conto della totalità del reale, quanto di un'apertura di senso per determinati concetti, che normalmente nell'uso quotidiano manca. La logica del senso, in questa direzione, prende in esame il concetto di 'senso', inteso nella maggiore ricchezza dei suoi significati: in quanto direzione, significato, sensibilità, senso comune o buon senso.

C'è un metodo che prende in prestito il modello dell'albero, con un tronco e i rami, le radici, che si ramificano o si riuniscono in questo tronco unico, ma c'è anche un altro metodo, o un altro modello: quello dell'erba. Il metodo di Deleuze è quello di far emergere su una sorta di mappa topologica alcune direttive, o isole, che possano mostrare delle nuove connessioni, nuovi modi di intendere un concetto. Per le prime due serie della logica del senso queste isole sono propriamente Alice e Attraverso lo specchio di Lewis Carroll, Platone e gli Stoici. Deleuze vuole mostrare una nuova logica, una 'scienza del ragionamento' che poggi sul paradosso, su un modo non convenzionale di dare un senso (un significato, una direzione) alle cose.


Prima serie

(Non bisogna intendere i concetti di evento, divenire e, naturalmente, senso nell'accezione quotidiana, secondo il così detto buon senso). L'evento e il divenire. Ciò che succede ad Alice sono eventi puri. Un evento puro non riguarda mai una distinzione in un presente, in cui accade, un passato, in cui non c'era, e un futuro, in cui cessa. L'evento si dà in, anzi propriamente è, un divenire. Il divenire non fa differenza di passato presente e futuro, non distingue neppure una direzione, ma afferma contemporaneamente i due sensi di un evento: divenire grande per Alice vale come divenire non più piccola. Alice non è, Alice semplicemente diviene (come per Deleuze la questione non è considerare l'essenza delle cose, bensì i concetti nel loro divenire).

Platone stesso, dietro il classico dualismo idea-cosa (: idea come archetipo cui le cose fanno riferimento, ad esempio nell'idea astratta di sedia si rispecchiano tutte le sedie particolari esistenti), mostra questo dualismo più profondo, fra le cose e il loro divenire puro, che contesta l'idea di un essenza ponendo come alternativa il puro mutare di tutto.

Sia per Alice che per Platone il riferimento è il linguaggio, questo divenire puro si comunica attraverso il linguaggio: nel Cratilo di Platone è l'etimologia delle parole che continua a rimandare ad altre parole, indefinitamente, senza possibilità di una definizione che non sia passaggio ad altro; per Alice il suo continuo divenire, nella successione degli eventi che le capitano, è un affare di giochi di parole, di parole-eventi, più vere delle cose che semplicemente sono, che contestano tutte l'identità, l'essenza permanente: il nome proprio di Alice. "Chi sei tuuu?" chiede il bruco "oddio signor Bruco. Sono cambiata così tante volte oggi...". Se, in ultima analisi, è il linguaggio stesso a idealizzare l'infinita verietà di tutto, distinguendo in nomi ('Alice'), in categorie ('uccelli' o 'pesci'), in cause e conseguenze ('perciò', 'perché'...), in passato presente e futuro (i modi e i tempi verbali, 'ieri', 'ora'...), è ancora attraverso il linguaggio che ci è restituito il concetto di divenire puro dell'evento, attraverso i verbi di puro divenire, gli infiniti, quelle parole che solo cambiano e non possono essere possedute da alcuna cosa, ma solo divengono ('cambiare', 'crescere'...).

Il paradosso di questa prima serie è "innanzitutto ciò che distrugge il buon senso come senso unico" (attraverso il concetto di evento, di divenire), ma anche ciò che distrugge il senso comune come assegnazione di identità fisse.

Nessun commento: