venerdì 9 ottobre 2009

Lezione del 5/10 e del 6/10

Questa settimana abbiamo analizzato L’Angelo Malinconico, ultimo capitolo del libro L’Uomo senza contenuto (1970) di Giorgio Agamben, filosofo italiano influenzato dal pensiero di Heidegger e di Benjamin .

Tra le sue pubblicazioni ricordiamo Homo sacer (1995), testo in cui viene fatta una distinzione tra la zoe, ossia la vita nuda nella sua essenza animalesca, e la bios, una vita più raffinata, e Stato d’eccezione (2003), libro che tenta di fornire una lettura storica e di analizzare le ragioni e il senso dello stato d’eccezione.


Agamben ci fa notare prima di tutto come Walter Benjamin consideri la citazione una forma portatrice di un senso nuovo, che smette di far parte del passato, provocando un’interruzione di linearità e contribuendo alla definizione di un presente inatteso.

Un desiderio di Benjamin era quello di realizzare un libro composto soltanto di citazioni, una sorta di readymade letterario, progetto che verrà concretizzato anni dopo da Kosuth nel libro giallo Purloined.

La citazione può essere ricondotta alla figura del collezionista, uomo che raccoglie oggetti di diversa provenienza secondo un puro gusto personale, li ricontestualizza e li fa diventare vivi; questa figura è associabile a quella di un rivoluzionario, “per il quale l’apparazione del nuovo è possibile solo attraverso la distruzione del vecchio”.

Così la riproducibilità, che per Benjamin ha un’accezione negativa, non distrugge l’aura e l’unicità dell’oggetto, ma ne aumenta il valore, facendolo diventare inafferrabile.

La citazione e la collezione sono elementi che ritornano continuamente nelle pratiche della modernità; rompono con la tradizione, provocano uno choc e inaugurano un nuovo presente che ci pone in uno stato sospensione.


Agamben affronta questo “nuovo tempo” mettendo in parallelo l’Angelus Novus di Paul Klee, un quadro in cui un angelo ha il viso rivolto al passato ma è trascinato da una tempesta verso il futuro, e un’incisione di Durer in cui una creatura alata guarda con lo sguardo assorto davanti a se.

Se l’Angelus Novus è l’angelo della storia, quello malinconico di Durer è l’angelo dell’arte, una creatura sospesa in una dimensione atemporale, che mette in armonia l’impossibilità dell’uomo di inquadrarsi tra il passato ed il futuro.

Alla luce di questa considerazione sorge spontanea una domanda: l’angelo dell’arte svolge, ma soprattutto vuole assolvere a questa funzione?

Proseguendo nel testo abbiamo notato come il “tempo” di Agamben sia diverso rispetto a quello di Deleuze, pensatore francese per il quale esiste solo il presente come estensione temporale che accompagna i gesti dell’uomo: i corpi esistono nello spazio e lo spazio esiste nel tempo.

Nel testo Millepiani (1980), Deleuze, ci parla del destino come di ciò che accade simultaneamente in diversi presenti, e quindi in diversi piani di esistenze. Questi eventi, non avendo qualità fisiche, sono eventi puri che non sussistono nel tempo ma possono soltanto persistere e ripetersi.


Link alle immagini:

http://www.minerva.unito.it/Theatrum%20Chemicum/Pace&Guerra/Arte/Immagini/Klee/AngelusNovus.jpg

http://www.swimmingonweb.net/abruzzo/Escher/durer.jpg

La Jetée di Chris Marker (1962)

La Jetée è un medio-metraggio ambientato nella Parigi del terzo dopoguerra, uno scenario apocalittico in cui un gruppo di scienziati sperimenta viaggi temporali usando come cavia da laboratorio un uomo che riscoprirà il suo passato.

La particolarità di questa produzione cinematografica sta nella scelta di un montaggio che sconvolge radicalmente la sintassi filmica, poiché non ci troviamo di fronte a un vero e proprio filmato in movimento, ma ad una sequenza di fotografie accompagnate da una voce fuori campo.

Il tipo di montaggio scelto da Marker rappresenta una delle possibili strade per scardinare la linearità del tempo, infatti nonostante la sua staticità, genera in noi un meccanismo mentale inconscio che ci porta ad associare fra loro le immagini e a creare un’illusoria continuità visiva.






L’esercito delle dodici scimmie (1995) di Terry Gilliam è ispirato a La Jetée.



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